Per esempio, il microbiota intestinale influisce sulla permeabilità della barriera ematoencefalica, la cui integrità è protettiva per il cervello, in quanto impedisce il passaggio di sostanze nocive, permettendo invece quello di sostanze utili. I batteri intestinali secernono molecole che regolano la funzione delle varie componenti cellulari facenti parte della mucosa intestinale, chiamiate nel loro insieme enterocellule. Le enterocellule attraverso neurotrasmettitori ed ormoni regolano le funzioni cerebrali.
La comunicazione intestino-cervello avviene grazie a:
• la circolazione sanguigna: che veicola molecole prodotte dai batteri intestinali
• il sistema immunitario: che produce citochine infiammatorie e antinfiammatorie per modulare il livello di infiammazione del cervello
• l’apparato endocrino: che produce ormoni
• il nervo vago: che, stimolato dai batteri intestinali, trasporta serotonina ed altre molecole che modificano varie funzioni del cervello
Quando si altera l’asse intestino-cervello si possono avere molti disturbi.
Dall’attività cerebrale può generarsi un danno della mucosa intestinale; da un danno della mucosa intestinale può partire un disturbo psichico: come a dire la psiche è nell’intestino e l’intestino è nella psiche! D’altro canto, l’alterazione del microbiota che altera l’asse intestino-cervello, oltre agli equilibri psichici, influenza anche funzioni cognitive, come la memoria e l’apprendimento.
Fra le malattie (sindromi) intestinali più diffuse annoveriamo:
• la sindrome dell’intestino irritabile
• la leaky gut syndrome (o sindrome da aumentata permeabilità intestinale)
• la malattia da reflusso gastroesofageo
Tutt’e tre queste sindromi hanno risvolti psichici, che possono condurre fino a veri e propri quadri depressivi. Chi fa da tramite fra alterazioni intestinali e l’attività psichica è l’aumento del livello di infiammazione cerebrale. Sono soprattutto le citochine infiammatorie ad essere implicate in questa neuroinfiammazione. Alla infiammazione si associa un aumento dei radicali liberi (stress ossidativo) e una riduzione degli acidi grassi omega 3, notoriamente anti-infiammatori.
Gli acidi grassi omega-3 sono fondamentali alleati della salute del cervello:
• favoriscono la circolazione
• intervengono positivamente sul tono dell’umore
• hanno azione anti-infiammatoria
• svolgono un ruolo importante nei processi cognitivi (apprendimento e memoria)
Sono acidi grassi definiti “essenziali”, perché non sintetizzabili dal nostro organismo, e quindi da assumere con l’alimentazione.
Fonte alimentare degli omega 3 sono il pesce (in particolare salmone, sgombro, tonno, aringhe, sardine), le verdure a foglia verde e i semi oleosi (noci, semi di lino).
Il capostipite della famiglia degli omega-3 è l’acido alfa-linolenico (ALA). Dopo essere stato assunto l’acido alfa-linolenico viene convertito dal nostro organismo in altri grassi polinsaturi – l’EPA (acido eicosapentaenoico) e il DHA (acido docosaesaenoico) – che sono gli omega-3 biologicamente attivi e pertanto i veri responsabili dei benefici associati. Purtroppo però questo processo è particolarmente inefficiente e l’organismo non riesce a produrre quantità di EPA e DHA sufficienti a soddisfare i suoi fabbisogni.
Il fabbisogno giornaliero di omega 3 varia in base all’età, allo stile di vita, alla condizione fisica, all’attività sportiva svolta etc. La dose giornaliera minima raccomandata per un adulto sano è di 250 mg di acido eicosapentaenoico (EPA) + acido docosaesaenoico (DHA).
Un fatto è certo, nella popolazione generale la presenza di acidi grassi omega-3 è molto carente.
Questo dato è ancora più reso complesso dal fatto che per svolgere la loro azione positiva gli acidi grassi omega 3 devono essere assunti in un rapporto ottimale con gli acidi grassi omega 6: il rapporto ottimale omega 6 / omega 3 deve essere 4 a 1. Nell’alimentazione tenuta generalmente dalle persone questo rapporto è pari o superiore a 15:1, a causa dell’eccessiva ingestione di cibi ricchi degli acidi grassi omega-6, in abbinamento alla scarsa assunzione di cibi ricchi di acidi grassi omega-3. Questo, combinato magari con una alimentazione iperglicidica (carboidrati amidacei in primis) che spinge sull’aumento dei livelli di insulina, determina una enorme spinta pro-infiammatoria e i problemi di salute conseguenti.
L’aumento dell’introduzione degli acidi grassi omega-6 (da oli di mais, girasole, soia, cibi fritti, prodotti dolciari, e una infinità di altri prodotti presenti negli scaffali dei supermercati) e della continua secrezione di insulina a causa dell’eccesso di glucosio a cui sottoponiamo il nostro povero organismo, corrisponde a gettare, sul fuoco più o meno vivo del camino, un accendi-fuoco: la fiamma rinforza immediatamente. Anche una semplice e magari gustosa frittura, se portata avanti ad altissima temperatura (vicino ai 200 gradi), usando oli scadenti, e soprattutto consumata in quantità eccessiva, può, in abbinamento a cibi amidacei (pane, pasta, patate ecc.), rappresentare una spinta alla riacutizzazione di una reazione infiammatoria che ovviamente si farà sentire, con conseguente malessere e dolori, in particolare laddove esiste una zona o un organo già di suo in difficoltà per una sua preesistente sofferenza o disfunzione.
Pertanto è normalmente raccomandata una integrazione alimentare di acidi grassi omega 3.
Gli integratori alimentari in commercio possono contenere diverse forme di omega-3: trigliceridi naturali, acidi grassi liberi, etil esteri, trigliceridi riesterificati e fosfolipidi. I primi sono quelli che si trovano naturalmente nell’olio di pesce, mentre i fosfolipidi sono la forma di omega-3 principale dell’olio di krill (piccoli invertebrati marini delle acque fredde dell’Antartide, dalla disponibilità quasi illimitata data la loro velocità di moltiplicazione) ricchissimo di EPA+DHA.
Quando si acquistano integratori di omega-3 è importante scegliere prodotti dalla purezza e concentrazione certificate e controllando la quantità di EPA+DHA indicata nell’etichetta.
In ogni caso, per qualunque strategia di integrazione alimentare, così come per suo corretto dosaggio, è sempre indicato consultarsi con il proprio medico curante o lo specialista.