La risposta è naturalmente “No”.
Troppe persone si sono rassegnate a considerare una presenza inevitabile nella propria vita di tutta una serie di piccoli e grandi malesseri, tra cui stanchezza continua, dolori, senso di instabilità, irritabilità, volubilità dell’umore, senso di scontentezza continuo, difficoltà ad addormentarsi o risvegli frequenti, senso di gonfiore diffuso, tendenza ai crampi, smania nelle gambe da sdraiati, arrossamenti continui inspiegabili, sintomi da reflusso gastroesofageo, ecc. L’elenco potrebbe continuare ancora, e a fronte di questo è diventato drammaticamente normale assumere di frequente antidolorifici.
Il punto centrale è che essere “sani” non è assenza di una diagnosi o esami di laboratorio “normali”. La Salute è una condizione ben diversa, molto più vicina ad essere in quella che io chiamo “la migliore versione di se stessi”.
La gioia di vivere non è assenza di sintomi. Ecco perché assumere solo farmaci non regalerà mai questa condizione. Con i farmaci si possono avere meno sintomi, ma questo non vuol dire essere veramente in salute, né tantomeno essere collegati con le parti migliori della nostra vita. Controllare solo i sintomi fa “tirare a campare”. La salute è davvero molto di più.
Va detto con chiarezza che le malattie acute e le emergenze vanno curate ricorrendo a medicinali appropriati e al ragionamento causa-effetto (batterio > antibiotico, spasmo > antispastico, allergia > anti-istaminico, ischemia >trombolitico, ecc.). Fuori da questo quadro però, soprattutto nelle malattie più complesse che di fatto sono tutte quelle alle quali viene attribuito l’aggettivo “cronico”, è richiesto un pensiero molto più fluido, capace di valutare la interconnessione fra cellula ed ambiente extracellulare, fra cellule di un organo e quelle di un altro organo, fra organi di un apparato e gli organi di un altro apparato
La salute delle persone è in genere in condizioni precarie, anche quella di chi si crede sano solo perché non ha ancora una diagnosi, o perché ha ancora “gli esami” apparentemente nella norma.
Questa precarietà è dovuta al fatto che la nostra biologia è stata completamente sovvertita dall’infiammazione cronica silente di basso grado (ICSbg).
L’ICSbg di fatto oggi la “malattia più diffusa”. È più corretto definirla una sindrome, cioè un mix di sintomi soggettivi e di segni oggettivi, che ha in sé le potenzialità di aprire le porte a decine di altre malattie.
Dopo anni e decenni di infiammazione che esprime uno stato di allarme dell’organismo, ignorato e che via via satura le sue residue possibilità di autoregolazione, iniziano le malattie d’organo, spesso una dietro l’altra. Questo perché, essendo l’infiammazione sistemica, cioè generalizzata e diffusa, gli organi, gli apparati, i tessuti che possono manifestare la loro fine funzionale, possono essere tantissimi e sempre di più, col passare del tempo.
Sono aumentate a dismisura le prescrizioni di cortisonici, antinfiammatori non steroidei, e, più di recente, immunosoppressori e anticorpi monoclonali, presentati come “cure”, ma che in realtà sono meri trattamenti palliativi sintomatici di mitigazione dell’infiammazione che magari aggravano la situazione clinica per comparsa degli effetti collaterali. Vale una regola: se l’infiammazione cronica non viene modulata agendo sulle sue tante cause, il solo uso “protocolli antinfiammatori”, riserverà solo un destino: il suo peggioramento progressivo.
Nessuno, e sottolineo nessuno, dei farmaci prescritti nelle infiammazioni croniche è una cura, semplicemente perché nessuno di essi intacca minimamente le cause vere dell’infiammazione.
Se i farmaci antinfiammatori sono diventati i farmaci più prescritti, è solo perché l’infiammazione, provocata dai nostri stili di vita personali e collettivi, la sta portando a livelli inimmaginabili sino a pochi decenni fa.
Stiamo assistendo ad un deterioramento impressionante della salute delle persone, che si accetta come inesorabile, senza indagarne le cause vere.
È indispensabile un nuovo corso della Medicina che porti ad avere una vita più in salute e che proponga precise scelte, in primis nello stile alimentare, che aiutino ad avere un livello equilibrato di infiammazione ad accompagnarci per tutta la vita.
Una Medicina che valorizzi i sintomi non per una loro esclusiva gestione, bensì come una guida alla comprensione di cosa non sta andando in quell’organismo malato, superando una divisione a cui oggi assistiamo, per semplificare, tra una medicina “accademica” e una medicina “funzionale”. In futuro entrambi gli approcci dovranno far parte di un unico corpus dottrinale alla base della formazione del medico (quello che già accade a molti medici, come lo scrivente). Essere medico è essere allo stesso tempo medico accademico e medico funzionale. Questo perché la Medicina come arte del curare è una sola. Alle persone deve essere data solo una cosa: il meglio di quello che le nostre conoscenze scientifiche possono offrire.
Abbiamo bisogno di speranze, di sogni, di ritrovare il piacere di vivere nella propria vita biologica, senza la penosa sensazione di un tempo che passa inesorabile, tradendo via via tutte le speranze.
Personalmente cerco di impegnarmi ogni giorno in questa che considero una vera e propria missione, rivolta ai miei colleghi medici, ai miei pazienti attraverso il mio lavoro quotidiano, e a tutte le persone che incontro.
Ho scritto il mio ultimo libro “Scegli la longevità” proprio per dare un contributo in questa direzione. Maggiori informazioni le trovate a questo link: https://www.andreagrieco.it/scegli-la-longevita/